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di Martina Colorio

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Casa o Abitazione?

Casa o Abitazione?

Casa o Abitazione?

Potrebbe sembrare una non domanda, poiché contrappone due concetti sovrapponibili. Eppure nella nostra lingua questi due termini tendono a rivestire due concetti differenti. Già nel latino possiamo rilevare una differenza tra l’uso di domus/aedes e domus/habitatio (v.nota). Lo stesso lo riscontriamo nel più internazionale inglese, nella coppia home e house.

La Casa è la propria tana, l’Abitazione è più semplicemente l’unità abitativa in sé, l’edificio o la parte di edificio. Nell’uso comune, tuttavia, le due accezioni diventano ambivalenti, ma è interessante cercare di comprendere come un essere umano percepisca il luogo in cui vive: è la mia tana o è un luogo in cui passo il mio tempo?

Perché la nostra casa è importante?

Come avevo scritto nel mio articolo introduttivo, solitamente non ci rendiamo conto di quanto lo spazio in cui ci muoviamo quotidianamente influisca su di noi. Tutti gli agenti esterni, strutture, colori, piante, ma anche suoni e odori, attivano differentemente il nostro cervello portando sia informazioni funzionali (dove sono, cosa c’è attorno a me, come posso arrivare a…), sia informazioni profonde. Le informazioni profonde sono strettamente legate alla nostra percezione inconscia, quella che lavora sempre per mantenerci al sicuro, e che così opera sin dalle origini della nostra specie, periodo in cui la sopravvivenza era un problema costante.

In linea di massima, se puntiamo l’attenzione sul nostro paese, l’idea di sopravvivenza non è più al centro dei nostri obiettivi quotidiani. Ora non tratterò le situazioni di marginalità, create dal sistema economico, in cui diventa difficile soddisfare i bisogni personali di base, di sicurezza e nutrimento, perché vorrei mettere in luce lo stretto legame che si forma tra una persona e la sua casa.

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La casa, infatti, crea una sorta di estensione del proprio corpo fisico e psichico, diventando proiezione dello stesso.

Un’abitazione vissuta, quindi condivisa da più persone, o da un unico/a inquilino/a, col passare del tempo da un lato viene modificata da chi la abita, quindi si conforma alla persona, dall’altro condiziona chi la abita, diventando quindi soggetto attivo di un cambiamento. Questo cambiamento, che può essere più o meno visibile o più o meno percepito, viene generato dall’influenza spaziale (esposizione alla luce, direzione, facilità di accesso), ma anche da eventuali conformazioni o radiazioni presenti in essa.

Faccio un esempio: se la mia casa è ben esposta, soleggiata, la temperatura è equilibrata tra inverno ed estate, il mio livello di benessere sarà sicuramente maggiore di una casa in ombra, magari esposta a nord, e in cui c’è sempre bisogno di riscaldarsi. Sul lungo periodo chi vive la prima tipologia di casa, tenderà ad essere più in forze e in salute di chi vive nella situazione in cui al posto di potersi rilassare/riposare dovrà impiegare del tempo a rendere l’abitazione confortevole.

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L'architettura moderna in nome del design, spesso dimentica le necessità biologiche dell'essere umano.

Sfortunatamente l’architettura non sempre analizza questa questione, perché la formazione esclusivamente tecnica, da un lato dà estrema importanza al concetto di funzionalità, dall’altro include l’essere umano solo analizzando problematiche di antropometria. Questo ha portato, soprattutto nelle grandi metropoli o comunque nelle zone più densamente abitate, a mettere in secondo piano la persona, in favore del gusto estetico o della pianificazione a livello urbanistico.

La bioarchitettura, sempre più praticata negli ultimi anni, per fortuna comincia ad analizzare la funzionalità di un’abitazione anche rispetto ai propri abitanti e al benessere dell’ambiente. Però decenni di costruzioni edificate valutando solo il rapporto tra i fondi e la cubatura, hanno creato problemi penetrati profondamente nel tessuto sociale, diventando a volte endemici. Quello di cui scrivo è un vero e proprio condizionamento culturale, dove l’estetica di massa finisce per far accettare architetture ed ambienti non adeguati alla vita umana. Stati di disagio personale, potenziati proprio da questi antropospazi, fanno sì che ansia, depressione, ipereccitazione, confusione mentale, diventino comuni tra chi vive in determinate aree o quartieri.

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Non solo elementi naturali o antropici possono rendere disagevole un'abitazione, ma la sua stessa conformazione.

Un fenomeno conosciuto, come la Sick Building Syndrome, ovvero il manifestarsi di determinate patologie causate da composti organici volatili, muffe o radiazioni, è solo una delle somatizzazioni a cui il nostro corpo può giungere con la permanenza in una casa non adeguata. La valutazione di forme di tipo allergico, o nervoso, con possibili cause organiche e inorganiche, deve essere affiancata ad un’analisi più attenta di determinati stati psicologici che possono condurre a somatizzazioni, e vengono stimolati dai colori, dalle forme e dai materiali della nostra casa.

Forme appuntite, riflettenti, incombenti, minacciose si possono trovare in molte case, e nell’immediata prossimità. Per noi sono solo delle “presenze”, ma il nostro subconscio, che ancora è regolato da meccanismi di autotutela antipredatoria, finisce per esserne costantemente influenzato. I loro effetti si manifestano nel tempo, anche con potenziali effetti organici veri e propri. Il Feng Shui originale – ben lontano da quello popolare e New Age di cui pullulano molte librerie – come altre forme di geomanzia tradizionale, mettevano al centro della ricerca l’essere umano, e la sua percezione dello spazio, per definire come rendere le abitazioni adatte ai propri occupanti.

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Ti sei mai chiesta/o se la tua casa è adatta a te o alla tua famiglia?

Quando una persona incontra queste tematiche, la prima domanda che deve porsi è: questa è casa mia o è un’abitazione? Risulta molto facile farsi condizionare dalle cose lette o sentite, ma a volte vi è il rischio di creare un nesso causale tra eventi che sono completamente scollegati. Per la stessa ragione, se si vuole analizzare un’abitazione e comprendere se essa sia adatta o meno ai suoi abitanti, la prima cosa è definire da quanto tempo quella casa è vissuta in modo continuativo e quanto della sua conformazione/posizione possa essere uno scatenante di determinati disagi.

Nei prossimi articoli parlerò più nel dettaglio di questi temi, analizzando come il colore e le forme, in modo particolare, siano dei forti attivatori del nostro cervello. Proverò a spiegare come la casa rifletta la nostra psicologia e cosa si possa fare, anche senza consulenze di esperti, per apportare rapidi ed efficaci miglioramenti.

 

NOTE *

Rispetto al generico DOMUS, usato per indicare edifici privati quanto quelli civili pubblici, nella lingua latina si riscontra il termine AEDES ad indicare la casa intesa come abitazione esclusiva di qualcuno (qualcuno che può essere anche la divinità). Tale ragione è dovuta al fatto che l'etimologia di Aedes va fatta risalire al greco αἴθω (accendere, ardere) che definiva il luogo in cui veniva acceso il focolare, da sempre elemento centrale della casa. HABITATIO, al contrario, andava a definire l'edificio in cui uno praticava l'abitare, motivo per cui anche a livello giuridico fu utilizzato a partire dal Codex Iustinianus per indicare il diritto di residenza in luoghi appartenenti a terzi.

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